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L'educazione linguistica - 2
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L’EDUCAZIONE LINGUISTICA
 
di Jacqueline Bickel
 

Tutte le lingue si presentano in due forme: orale e scritta (di cui si è già parlato in un precedente articolo) composte da tre strutture: fonologia, lessico e sintassi

La fonologia evidenzia il numero di suoni che ogni lingua sceglie per svolgere la funzione fonemica, cioè la capacità di dare o cambiare il significato alle varie parole; nella lingua italiana sono stati scelti ventitre fonemi, includendo anche le varianti aperte o chiuse di /e/ ed /o/. La fonologia si considera acquisita verso i 7-8 anni in corrispondenza della completa eruzione della seconda e definitiva dentatura.
Il lessico, o vocabolario, evidenzia le parole usate in una lingua. Queste si differenziano in:
  • parole a contenuto: nomi, verbi, aggettivi, avverbi;
  • parole che mettono in relazione fra loro le parole a contenuto all’interno delle frasi: le preposizioni;
  • e, infine, parole che riassumono o riprendono il già detto, collegando fra loro le frasi: congiunzioni e pronomi.
Sono queste due ultime categorie di parole quelle che presentano le maggiori differenze fra una lingua e l’altra, mentre le parole a contenuto sono più o meno quasi tutte rappresentate in ogni lingua, grazie anche alla globalizzazione del mondo odierno. Il vocabolario individuale non ha limiti di tempo, si arricchisce e decade lungo tutto l’arco della vita.
La sintassi evidenzia il modo in cui ogni lingua collega le parole all’interno delle frasi e le frasi all’interno dei discorsi. Le maggiori differenze fra le lingue si riscontrano a questo livello; la differenza principale consiste nell’uso di flettere o meno la parte finale di nomi e verbi e, in alternativa, usare preposizioni. Nelle lingue molto flesse, come il tedesco, è meno importante l’ordine delle parole; mentre nelle lingue non flesse, come l’inglese, l’ordine delle parole nelle frasi è essenziale alla chiarezza della comprensione. La lingua italiana, come lo spagnolo e il francese, flette soprattutto i verbi mentre si limita a flessioni di singolare/plurale o maschile /femminile per nomi e aggettivi. L’acquisizione della sintassi da parte dei ragazzi dipende dalla scolarizzazione e in genere si considera avvenuta al momento in cui essi raggiungono il pensiero formale.
Per molte persone queste tre strutture linguistiche appaiono indipendenti, ma in realtà esse sono collegate, poiché si formano grazie al progressivo ricorrere di un unico processo combinatorio:
  • dalla combinazione di sillabe, in precisa relazione fra loro, si formano le parole, per rappresentare un unico significato;
  • dalla combinazione di parole, in precisa relazione fra loro, si formano le frasi, per rappresentare un unico significato;
  • dalla combinazione di frasi, in precisa relazione fra loro, si formano i discorsi, per elaborare attorno ad un argomento.
Tutte le lingue vengono apprese dai bambini nei primi anni, grazie alla capacità di linguaggio che ognuno eredita col suo DNA, quindi vanno insegnate; a ciò provvederà l’opera più o meno valida del contesto familiare e sociale in cui si trovano inseriti. Il primo apprendimento, guidato in modo informale dalla famiglia, porta il bambino alla conquista di un codice ristretto, limitato a parole e frasi, più che sufficiente per gli usi sociali.
La successiva elaborazione del codice linguistico per consentire gli usi cognitivi, apprendere e riflettere, non avviene spontaneamente. Nel passato, ed ancor oggi, era in massima parte dovuto all’attività di lettura, ma solo se i ragazzi leggevano molti testi diversi, volontariamente e per il proprio piacere. Purtroppo la società odierna ha finito per limitare notevolmente la schiera dei giovani che mantengono la voglia e il piacere di leggere, poiché presenta loro molte alternative per passare piacevolmente il tempo: dagli sport ai viaggi, dai computer alle play station.
Diventa quindi oggi fondamentale compito della scuola proporre e garantire agli alunni l’acquisizione di un codice più elaborato, che includa i discorsi. Condurre tutta la classe all’acquisizione di un codice elaborato, veicolato in genere dalla forma scritta, con la comprensione e la produzione di discorsi prende il nome di educazione linguistica.
 
Vi sono due forme di discorso: l’orale, o sociale, e lo scritto, o cognitivo.
Il discorso orale. Il discorso orale tipico è la conversazione, cui tutti i presenti partecipano, o sono tenuti a partecipare, in modo egualitario; non richiede alcuna particolare organizzazione dei contenuti, ma soltanto saper aprire, elaborare e chiudere l’argomento. Varianti del discorso orale possono considerarsi le discussioni e perfino gli alterchi.
I bambini in possesso del codice ristretto non sono in grado di partecipare compiutamente a conversazioni né alle altre forme di discorso orale; in genere si limitano a rispondere a precise domande e talora a porle, ma non sempre nell’ambito del tema e nell’interesse generale. Essi possono essere educati alle regole di base del discorso orale, col rispetto del proprio turno e rimanendo attinenti al tema, facendoli discutere in piccoli gruppi su oggetti conosciuti e presenti, anche se non è dall’interazione linguistica orale, per sua natura evanescente, che i bambini possono trarre il maggior vantaggio.
Molti bambini si accorgono presto del fatto che gli adulti adattano la forma e i contenuti dei loro discorsi a seconda di particolari situazioni: ad esempio, nel caso di acquisti in un negozio o al mercato, di interazioni alla stazione ferroviaria, oppure nella visita dal medico. Se i bambini hanno occasione di presenziare più volte ad alcune di queste situazioni, sono anche in grado di riproporle nel gioco simbolico con le bambole o con altri piccoli coetanei.
Così al momento dell’ingresso a scuola, soprattutto alla scuola primaria, si accorgono che anche in questa situazione è necessario adattare il proprio modo di parlare ad una prassi consueta e oggi assai generalizzata. Innanzitutto che è opportuno lasciare il massimo spazio ai monologhi dell’insegnante, che darà la parola soltanto agli alunni che la richiedono alzando la mano; qualsiasi altro intervento sarà sanzionato come inopportuno.
Ora il discorso dell’insegnante all’interno della classe dovrebbe avere come scopo principale quello di aiutare tutti gli alunni a costruire sempre nuove conoscenze, seguendo lo schema di partire dal concreto per associare significati sicuri a quelli linguistici, e grazie al linguaggio far associare la conoscenza nuova a ciò che ogni alunno già sa, cioè facendo collegare la mappa episodica individuale alla mappa semantica in formazione.
Poiché le conoscenze possedute dagli alunni possono essere molto diverse è fondamentale che l’insegnante si accerti di quante e quali conoscenze siano già in possesso di ogni alunno e questo può avvenire solo all’interno di piccoli gruppi, iniziando sempre con domande prima di affrontare le spiegazioni.
All’interno del piccolo gruppo ogni bambino avrà la possibilità di ascoltare ed eventualmente fare proprie anche parte delle risposte dei compagni; non si tratterà mai di una copia, perché le parole orali svaniscono appena proferite, e quindi la loro evocazione avviene sempre a partire dalla propria mente.
All’interno del piccolo gruppo l’insegnante utilizzerà il discorso orale per garantire la produzione di molti esempi linguistici orali da parte di tutti i partecipanti, e si servirà sia del modellamento verbale di ciò che di nuovo può essere emerso, sia della visualizzazione per far comprendere il collegamento delle varie conoscenze fra di loro. Alla fine della seduta orale i bambini avranno tutto il tempo per fissare in forma scritta quanto avranno ritenuto e generalmente si assiste alla forte motivazione di tutto il gruppo verso l’attività di scrittura. Solo la produzione scritta è garanzia di un vero e solido apprendimento.
Nella prassi scolastica generalizzata è inoltre sempre l’insegnante che interroga individualmente all’unico e preciso scopo di valutare cosa l’interrogato ha ritenuto delle sue spiegazioni. La valutazione eseguita in questo modo presenta solo svantaggi: l’alunno sa bene che le domande sono retoriche, dato che chi le pone ne sa sicuramente di più dell’interrogato, e in questa situazione la psicologia dice che chi risponde non offre mai il meglio di ciò che sa; nel frattempo tutta la classe si disinteressa totalmente di ciò che viene detto e, soprattutto nelle classi numerose, viene estremamente ridotto il tempo di insegnamento collettivo.
È invece opportuno che ogni alunno non venga frenato, ma incoraggiato a parlare; si può affermare che solo chi parla impara. Il metodo Galileo propone quindi di sostituire le interrogazioni orali con la preparazione, da parte di un piccolo gruppo di due o tre allievi, di un argomento nuovo, assegnato dall’insegnante alcuni giorni prima, unitamente al materiale da leggere e studiare oltre al suo personale sostegno, in modo da preparare una scaletta, corredata eventualmente da diapositive, da presentare a tutta la classe. Altri piccoli gruppi prepareranno gli argomenti successivi, così che al momento della presentazione ogni alunno potrà intervenire per approvare, criticare, chiedere precisazioni per collegare la presentazione dei compagni alla propria.
Tutti gli alunni dovranno essere consapevoli che saranno valutati non solo in base al lavoro di presentazione e di esposizione, grazie al quale avranno sicuramente fatto proprio almeno l’argomento in questione, ma anche in base alle domande poste ai compagni e alla partecipazione alle successive discussioni generali, grazie alle quali potranno assaporare il gusto di tutti i problemi posti dalla disciplina.
Il discorso cognitivo. Il discorso cognitivo scritto è l’obbiettivo fondamentale dell’educazione linguistica. È il discorso grazie al quale vengono organizzate nella mappa semantica tutte le conoscenze in modo da saperle evocare con rapidità al momento opportuno. È garantito dalla forma scritta e dal codice elaborato, che può essere compreso con la lettura di testi specifici, e riorganizzato in forma di riassunto o di elaborazione originale.
Come già accennato, nella società odierna i ragazzi hanno meno tempo e occasione per appassionarsi alla lettura, date le numerose e varie alternative che trovano a disposizione. Così, nonostante l’eccellente intelligenza dei ragazzi di oggi dovuta alla naturale evoluzione della specie, si sta riducendo sempre più la percentuale che legge per il proprio piacere, cioè quella che può approfittare compiutamente dell’educazione scolastica per la mancanza di un solido discorso cognitivo.
Solo con la lettura e la scrittura si realizza una efficace educazione linguistica, che è oggi particolarmente carente nella popolazione scolastica a causa dell’uso prevalente dell’orale, che non aiuta i ragazzi ad organizzare in modo logico nella loro mente la notevole mole di nozioni, che la scuola presenta loro ogni giorno.

 

Il discorso cognitivo scritto è costituito da due parti:
(a) l’organizzazione logica dei contenuti disciplinari, che avviene con l’uso delle relazioni logiche fra singoli contenuti e della loro successiva combinazione in schemi logici;
(b) il rivestimento linguistico dell’ossatura logica, già formata all’interno della mente, grazie alle scelte lessicali più o meno specifiche, all’organizzazione sintattica delle frasi e al collegamento delle stesse frasi mediante i mezzi di coesione.
Le due parti vanno presentate ai ragazzi in tempi separati, preoccupandosi principalmente all’inizio di curare bene l’organizzazione logica, e affrontando in un secondo tempo il rivestimento linguistico, anche se apparentemente le due competenze appaiono usate nello stesso momento. Saranno quindi questi due fondamentali aspetti dell’educazione linguistica ad essere esaminati prossimamente.

Pubblicato il 2011-06-12

Dizionario galileiano

· La mente e i suoi processi
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