Come avviare i bambini al discorso

Si racconta di come, attraverso un”esperienza di piccolo gruppo, si scopra che la tecnica della descrizione sia più complessa di quella della sequenza. Si rendicontano le decisioni assunte per rendere più efficace sul piano dell”uso cognitivo della lingua le attività di piccolo gruppo. Gli iscritti possono “scaricare” il testo dai download.

Scuola Primaria Paritaria “G. Beretta” Padova

Insegnanti: Malfatti Cinzia – Donati Grazia / collaboratori: Papandrea Clara – Berto Stefania – Furlanetto Elena – Schiavon Emanuela.

Dirigente: Tonelli Sandra

Lavoro svolto nelle classi II A e II B formate rispettivamente da 14 e 13 alunni.

Anno scolastico 2006-2007.


Da tempo nella nostra scuola il lavoro in piccolo gruppo è pratica didattica nelle classi I e II. Il piccolo gruppo sperimentato, così come proposto dal progetto Galileo, ha mostrato infatti di poter rappresentare la modalità di lavoro privilegiata su cui gettare le basi per l’ apprendimentoApprendimento 'Il SNC non sarebbe in grado di sviluppare in modo autonomo, solo sulla spinta offerta dal DNA, tutte le sue potenzialità di pensiero e di linguaggio, come talora dà l'impressione di fare e come spesso viene erroneamente ritenuto. Sarà invece compito di ogni bambino attivare all'interno del proprio SNC queste potenzialità, con la costruzione di circuiti fra neuroni e ulteriori circuiti fra circuiti gi? formati, finendo anche col modificare intensamente dal punto di vista funzionale tutta la struttura nervosa disponibile. Questo attivo processo di costruzione si identifica con l'apprendimento. Apprendimento che ha luogo continuamente e intensamente soprattutto nei primi anni, durante ogni momento di veglia. Sostituire il concetto di sviluppo con il concetto di costruzione non è soltanto un gioco di parole, ma un modo di orientare in forma completamente diversa l'ottica e il compito dell'educazione e dell'insegnamento. Infatti, mentre l'idea di sviluppo si ricollega alla graduale comparsa di qualcosa che è predestinata già fino dal concepimento, l'idea di costruzione comporta la riconsiderazione e la valorizzazione dell'opera degli educatori e di tutto il contesto ambientale che circonda il piccolo. ', 4578 delle discipline.

Forti dell’ esperienza passata dunque,all’ inizio dell’ anno scolastico 2006-2007 con le insegnanti di classe II ci si è posta la seguente domanda:

* 
  Come utilizzare al meglio il lavoro del piccolo gruppo, per potenziare nei bambini le competenze linguistiche per il discorso ad usi cognitivi ?

Già nel mese di ottobre si è iniziato con l’appuntamento settimanale.

I bambini delle due sezioni, divisi in gruppi di sei/otto, si alternavano al lavoro con le insegnanti per un tempo effettivo di circa 50 minuti.

Si è mantenuto, per tutto l’anno, come traccia stabile, il testo della dott.ssa Bickel “Faccio, parlo, penso”. I contenuti delle attività proposte e le modalità di realizzazione del lavoro in piccolo gruppo hanno sempre cercato di seguire i suggerimenti di lavoro da lei proposti. Le unità svolte hanno riguardato il cibo, l’acqua, i regni della natura: piante, animali, mondo inanimato e minerali.

È sempre sorprendente rilevare l’interesse e la passione che i bambini esprimono nel conoscere cose per noi adulti solite, o procedure per noi oramai scontate. È altrettanto sorprendente coglierli pronti a farsi stupire da qualche cosa d’inatteso che li spiazza e suscita commenti, osservazioni, discussioni, esclamazioni, domande.

Alla fine di ogni momento di lavoro le insegnanti, insieme, cercavano di raccogliere le prime riflessioni, che l’esperienza fatta suggeriva.

Così sono presto sorte tra noi alcune considerazioni e domande.

Prima riflessione

*Osservazione e descrizione

Si è subito rilevato una maggiore difficoltà nell’avviare i bambini all’osservazione e alla descrizione, anche se spesso accompagnata dalla copia dal vero, rispetto al lavoro sulla procedura. Questo tipo di attività (osservazione/descrizione) generava un dialogo più frammentato e meno facile da evocare.

Ci siamo chieste:

* 
  Sbagliamo qualcosa noi o questo lavoro è effettivamente più difficile per i bambini?

* 
  Ci potrebbero essere strategie per migliorare il lavoro ed eventualmente quali?

Ancora:

Considerando che qualsiasi discorso per usi cognitivi si può scomporre in due parti fondamentali:

la macrostruttura,cioè le relazioni logiche del pensiero e la microstruttura, cioè il rivestimento linguistico (parole e frasi) con cui questo pensiero viene espresso, e considerando che i bambini arrivano a scuola sprovveduti di tutte e due, è sorta un’ulteriore domanda:

* 
  Come mai nel lavoro con procedure il contributo di ogni bambino al dire, mentre si attuava il fare, era migliore rispetto al lavoro sulla descrizione?

La sequenza di azioni o procedura, fatta nel piccolo gruppo, presenta una macrostruttura più semplice: essa, infatti, è costituita da sequenze molto ravvicinate tra loro, la cui codifica verbale, immediata, facilita la rappresentazione mentale e la rievocazione.

Inoltre, in questo tipo di lavoro, la microstruttura consiste frequentemente in frasi legate dalle congiunzioni “e” “e poi”. È perciò anch’essa più “ facile “ per i bambini.

La descrizione degli oggetti osservati invece si presenta più complessa perché richiede una raccolta di diverse relazioni logiche: azioni, parti, attributi, e quindi la successiva organizzazione di questo materiale secondo criteri logici.

A partire da queste considerazioni si è perciò fatta una scelta.

Tra le proposte del “Faccio,parlo,penso” si sono privilegiati i percorsi che proponevano la procedura, per consolidare nei bambini questo primo schema logico, senza tuttavia abbandonare la descrizione.

Seconda riflessione

*Il tempo disponibile.

Vista la numerosità dei gruppi, con la scelta di non metter fretta a nessuno, di ripetere o lasciar ripetere, di fare il possibile perché tutti intervenissero, il tempo disponibile per il piccolo gruppo si esauriva, e la parte da dedicare alla documentazione e alla sintesi da parte dell’insegnante si estingueva.

Spesso si sono utilizzate immagini fotografiche per fissare le sequenze, talvolta era possibile far fare i disegni e qualche breve scritto ai bambini, ma non più di così. Raramente era possibile fare una breve sintesi riferendola ad una mappa visualizzata o modellando un breve discorso.

Già alla fine di ottobre si era evidenziata questa problematica e quindi era sorta la domanda:

* 
  possiamo ritenere veramente sufficiente per la memorizzazione, ed eventualmente per la produzione scritta dell’ esperienza pratica, concludere il lavoro del piccolo gruppo senza la sintesi?

Continuando la riflessione e la discussione tra noi, ci è parso che questa circostanza ponesse una questione nuova, che ci costringesse a tentare qualcosa di nuovo, per poter sopperire alla mancanza di questo passaggio, indicato e ritenuto indispensabile ai fini di un apprendimento efficace.

Sapevamo tuttavia che nella pratica del piccolo gruppo, l’esperienza si era chiarita facendo. Un fare che, riflettendo, ci aveva fatto scoprire aspetti nuovi ed interessanti del lavoro didattico. Valeva la pena tentare una strada.

Così è nata l’idea di “completare” o “concludere” il lavoro del piccolo gruppo in un momento seguente, a sé stante, che vedesse coinvolta l’intera classe… e qui poter utilizzare le note raccolte dall’insegnante attraverso il dire e il fare dei bambini. In classe si ricostruisce, attraverso domande, una breve, ma il più possibile completa sintesi scritta, fruibile da tutti.

Si è pensato che guidare in questo modo i bambini a ripercorrere l’esperienza, attraverso una breve sintesi scritta, potesse far loro fissare, forse più efficacemente, gli schemi logici che ad essa sottostanno.

Dalla discussione tra noi insegnanti si è individuata quindi una procedura per quest’attività di scrittura. Ricordiamo le linee principali sulle quali si è sviluppato il lavoro, che ha visto la produzione di brevi testi settimanali.

La scrittura.

L’acquisizione del processo di scrittura da parte dei bambini presenta una sua complessità. La nostra scelta è stata perciò quella di aiutarli ad affrontare produttivamente tale complessità, utilizzando la pratica didattica del piccolo gruppo, innanzitutto perché motivante a scrivere.

Scrivere su argomenti vicini alla loro esperienza, su attività conosciute perché praticate, ha, infatti, mobilitato nei bambini anche l’interesse alla scrittura.

Il nuovo appuntamento settimanale è stato fissato, due giorni dopo il piccolo gruppo, con l’intera classe; lì si è lavorato per arrivare alla stesura scritta della sintesi del lavoro.

Le produzioni verbali prodotte spontaneamente nel piccolo gruppo hanno rappresentato il primo momento di organizzazione delle conoscenze, che poi sono state ordinate attraverso il lavoro di scrittura.

Il ruolo dell’insegnante.

Ogni insegnante ha cercato di sollecitare, anche nel lavoro in classe, l’intervento e il contributo di ognuno; tutti lo potevano dare, magari suggerendo una parola o una frase, ricordando quanto già detto qualche giorno prima.
Le domande sono state sempre l’asse di riferimento per costruire gli schemi logici (macrostruttura) e le parole e le frasi della scrittura (microstruttura).
Nel porre le domande ai bambini, si è cercato di utilizzare gli appunti raccolti durante le attività, e di utilizzare il più possibile il linguaggio già da loro prodotto.

Si è favorito perciò che la scrittura nascesse come un processo collaborativo e non come un’attività individuale, creando, con le domande che si ripetevano secondo lo schema della procedura e/o della descrizione, un “percorso obbligato”, che potesse con il tempo offrire una “impalcatura di sostegno” ad ogni bambino, sia per la macrostruttura, sia per la microstruttura.

Impalcatura che gradualmente lasceranno, ma che li ha favoriti sia nell’organizzazione logica dei contenuti, sia nella scelta di parole e frasi più appropriate, rinforzando gli schemi logici e semplificando parte del processo di scrittura.

Così i bambini, che nel piccolo gruppo con facilità avevano espresso informazioni, osservazioni, commenti, sequenze, ma spesso in modo non organizzato, rispondendo alle domande si sono visti guidati a riprendere le conoscenze già espresse, secondo un ordine preciso e più completo.

La presenza dell’insegnante è stata sempre orientante: sia nella fase di raccolta delle idee, sia nel momento della riorganizzazione del materiale, che spesso costringeva a discutere.

L’insegnante, dopo aver scritto una domanda su una lavagna a fogli, segnava di seguito le risposte dei bambini, fatte di parole o brevi frasi. Così di seguito fino all’esaurimento delle domande e delle risposte.

Sul foglio dunque rimaneva visualizzata la mappa per la stesura dello scritto.

Questo foglio prezioso, finito il lavoro di scrittura, era appeso in classe come promemoria.

Ben presto qualcuno dei bambini ha fatto notare come nemmeno la maestra riusciva a scrivere subito “in bella”: doveva rileggere, fermarsi, costruire la frase… prima della stesura definitiva. Questa è stata per loro la scoperta della minuta o prima stesura o, come più spesso si dice (ma a noi non piace) della “brutta”. L’insegnante doveva fare la “brutta”, se voleva proporre una scrittura accettabile; anche lei doveva provare e riprovare!

Conclusa la prima fase del lavoro si passava alla rilettura di quello che era stato scritto e, infine, alla scrittura definitiva del breve discorso, cercando di utilizzare ogni cosa detta e registrata nella lavagna a fogli.

Veniva così elaborato un modello scritto, quale sintesi efficace del lavoro. Questo modello scritto era poi copiato dai bambini, dalla lavagna sul quaderno.

Solitamente questo elaborato finale era compreso da tutti, serviva a chiarire l’esperienza, talvolta apriva nuove possibilità di dialogo.

La modalità utilizzata è risultata una strada interessante, anche perché ha dato una buona possibilità di successo a tutti e, nel tempo, durante la stesura finale, i bambini si sono abituati ad intervenire anche con proposte riguardanti la microstruttura.(…vi abbiamo messo…)

Il titolo

Una nota particolare va fatta sul titolo di ogni lavoro. Inizialmente il titolo era scelto e proposto dall’insegnante; più avanti, si sceglieva tra una rosa di titoli accettabili, proposti dai bambini. Sicuramente interessante è mettere il titolo dopo aver realizzato lo scritto.

Va ricordato che l’esperienza di scrittura qui descritta non era l’unica che si svolgeva in classe, ma sicuramente si è rivelata la più gratificante. Praticandola, si è stati costretti a ripercorrere ogni volta il processo logico del lavoro e il processo della scrittura: ideazione, organizzazione, prima stesura, revisione, seconda stesura.

Il tentativo, nella scrittura, è stato quello di lavorare secondo un giusto grado di difficoltà, dosando, attraverso la collaborazione, e la distribuzione dei compiti tra insegnante e bambini, l’impegnatività dei diversi passaggi.

Ancora due osservazioni:

L’insegnante opera, prima della stesura finale, una scelta sul prodotto orale raccolto, e utilizza per la scrittura la parte più inerente al titolo.

D’altra parte ogni proposta raccolta nell’orale e pertinente all’argomento era comunque valorizzata, anche se non veniva poi utilizzata per lo scritto.

Le domande

Queste sono le principali domande usate, messe nell’ordine solitamente in seguito, per realizzare la sintesi scritta.

Che cos’è?

Cosa fa ? o a cosa serve?

Come è? Di cosa è fatto?

Cosa ha? Di quali parti è composto?

Dove lo trovo?

Marzo 2007

Esempi di produzione scritta

Dagli appunti frettolosamente raccolti dall’insegnante durante il lavoro nel piccolo gruppo: osservazioni e interventi dei bambini.

Alla scrittura/stesura finale, dopo il lavoro collettivo con la classe.

Appunti raccolti dall’insegnante

LE FORME DELL’ ACQUA.

Il ghiaccio si scioglie in mano.

Gli uomini hanno il sangue caldo

e per il calore il ghiaccio si scioglie.

Nelle mani il ghiaccio sgocciola, è gelato.

Assaggialo, attento che è scivoloso.

E’ sempre più mini se lo tieni in mano.

Le mani si bagnano.

Il ghiaccio nel bicchiere ci mette di più a sciogliersi, nella mano di meno.

Il ghiaccio si è trasformato in acqua, è fredda!

Il ghiaccio ha dentro delle bollicine di aria.

L’acqua diventa ghiaccio quando fa freddo, freddo.

Nel freezer non si scioglie il ghiaccionperché è freddo.

L’acqua prende posto nelle formine o nei bicchieri e diventa ghiaccio.

Se metto in bocca il ghiaccio si scioglie perché la saliva è calda.

Il tovagliolo, dove ho appoggiato il ghiaccio, è tutto bagnato e si è rotto quando lo ho tirato su.

Io so una barzelletta che parla dei ghiaccioli.

Stesura finale

Titolo:

L’ACQUA SI TRASFORMA.

L’ acqua messa in freezer si trasforma in ghiaccio.

L’acqua/ghiaccio è ferma, dura, se la prendo in mano è scivolosa.

Ha dentro tante bollicine. Essa prende la forma del contenitore dove la metti.

Martedì, nel piccolo gruppo, abbiamo preso dal freezer il ghiaccio, lo abbiamo messo dentro una pentolina, e abbiamo acceso una piastra che faceva molto calore.

Dopo un po’ abbiamo messo la pentolina con il ghiaccio sopra la piastra calda.

Il ghiaccio, passato un po’ di tempo, si è sciolto ed è ridiventato acqua.

L’acqua che fa le bolle nella pentola fa un fumo che si chiama vapore.

L’acqua-vapore è tutta a goccioline, è calda ed è andata in giro per tutta la classe.

L’acqua-vapore la trovo nella pentola pronta per cuocere la pasta o sullo specchio del bagno quando faccio la doccia.

L’acqua-ghiaccio la trovo nel Polo Nord perché lì fa molto freddo e l’ acqua si ghiaccia.

ANIMALI:

La gatta di Riccardo. Durante la descrizione che ne fa il bambino gli altri fanno la copia dal vero e, mentre disegnano, spesso intervengono.

Appunti raccolti dall’insegnante

LA GATTA DI RICCARDO.

La Minù ha il pelo di quattro colori:bianco,nero , marroncino,grigio.

Ha gli occhi verdi e dentro ha una cosa nera.

Sembra una lince.

Ha il naso rosa fatto a triangolino.

Tiene la bocca chiusa.

Nella bocca ha i denti e una lingua rossa e ruvida.

Ha i baffi bianchi.

Mangia, salta, muove la coda, beve, tocca, annusa tutto.

Ha le zampe, le unghie curve e lunghe, ha dei cuscinetti sotto le zampe che sono rosa.

Si stiracchia.

Ha la coda lunga.

Fa i salti, cade, fa una piroetta, si gira in volo.

Il pelo è morbido e liscio.

Le orecchie sono morbide, dritte, fatte a cono, pelose dentro.

A casa è docile,qui c’è troppa gente; per strada le mettiamo il guinzaglio.

Sembra che abbia le pantofole quando cammina.

I baffi non vanno giù.

Ha un moroso bianco e nero.

Sul muso i baffi sono attaccati con un puntino.

Si muove con tutto il corpo,si muovono anche gli occhi.

Gli occhi fanno una fessura che è più grande al buio.

Stesura finale

Titolo

MINÙ, LA GATTA DI RICCARDO.

Martedì, nel piccolo gruppo, abbiamo avuto in classe un animale.

Una gatta. Il suo nome è Minù.

È la gatta di Riccardo.

La gatta vive in casa della famiglia R.

Martedì Riccardo l’ha portata a scuola.

Minù salta, cammina, miagola, corre,si distende.

Mangia i croccantini al tonno, che Riccardo le ha portato.

Beve l’acqua con la lingua, si attacca alla finestra con le unghie, annusa le cose, che ci sono in giro per la classe.

Si gratta addosso alla scopa.

Minù apre e chiude gli occhi e la bocca, muove la coda e le orecchie.

Dà i graffi, si attacca alla maglia dei bambini.

Si muove, si fa accarezzare, si distende sul tappeto e dorme.

Ha un corpo con la testa,le zampe e la coda, tutto coperto di pelo liscio e morbido.

Sul muso ha il naso che è un triangolino rosa, la bocca aperta o chiusa, che ha dentro denti aguzzi e una lingua ruvida.

Ha dei baffi attaccati da una parte e dall’altra della bocca.

Quindici a destra e quindici a sinistra, lunghi e bianchi e si muovono.

Le orecchie attaccate alla testa stanno dritte sono morbide, fatte a cono e si spostano di qua e di là.

Minù ha quattro zampe che si appoggiano a terra con dei cuscinetti rosa, morbidi.

Nei cuscinetti lei nasconde le unghie curve e dure.

È una gatta bella e silenziosa.

Assomiglia ad una lince.

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